Intervista a Yoss Giancarlo Miggiano, insegnante di Yoga da vent’anni, ci racconta i segreti di questa pratica!
Noi di Fitness in casa abbiamo avuto l’opportunità di intervistare uno dei migliori insegnati di Yoga, oltre che una persona fantastica. Chi lo ha conosciuto come noi potrà confermarlo, Yoss Giancarlo Miggiano.
Abbiamo chiesto a Yoss tutte le curiosità che spesso ci chiedono i nostri utenti nelle mail o sotto i video allenamenti sul nostro canale YouTube https://www.youtube.com/fitnessincasa
Ciao Yoss iniziamo col chiederti cosa rappresenta nel tuo quotidiano lo yoga? Come ti aiuta nei momenti di stress?
Lo yoga oramai è parte della mia vita. Dedicandomi da più di trent’anni anni a questa disciplina non riesco più a distinguere lo yoga dalla vita. Per molti hanno ho “fatto” yoga: mi addestravo sul tappetino, facevo le posizioni, respiravo … ma ad un certo punto ho sentito che mancava qualcosa. Tutto sembrava finire, interrompersi, dopo la pratica. Quello stato di benessere durava poco, svaniva presto, troppo presto. Così ho sentito naturalmente la necessità di cambiare la mia pratica, cercando non più di “ottenere” posizioni o tecniche di respirazione ma cercando di sentirmi, di ascoltarmi. Dapprima ho iniziato ad ascoltare il corpo, le sue sensazioni, le sue risposte. E la qualità della pratica è subito cambiata, un altro sapore, un’altra sinfonia.
L’ascolto del corpo ha portato spontaneamente ad un ascolto più profondo, dei miei pensieri, delle mie emozioni, del mio spazio più intimo. Ora quell’ascolto è più semplice e spontaneo, e mi accompagna anche fuori dalla pratica, nel quotidiano.
Certo ci sono momenti di maggiore stress, e altri più leggeri. Ma proprio quell’ascolto mi ha portato ad essere sempre più consapevole di una cosa: comprendere bene la differenza tra le cose che posso cambiare e quelle che non posso cambiare.
Per anni mi sono sforzato, arrabbiato, stressato nel vano tentativo di cambiare qualcosa che non potevo cambiare, non ne avevo né la possibilità né il diritto. Poi è cambiato qualcosa, ho compreso! Come nella pratica fisica ho compreso che non si trattava di adattare (e forzare) il corpo per conquistare una posizione ma usare la posizione per ascoltare il corpo, così nella vita ho potuto constatare che non si trattava di cambiare le cose che non andavano attorno a me, ma cambiare il mio atteggiamento rispetto alle cose. Chi mi conosce sa quanto sono determinato quando voglio qualcosa, sono un vulcano, ma tendo a rimanere sempre nel campo che riguarda la mia sfera di azione, senza andare oltre.
Da qual momento le cose hanno iniziato a cambiare perché questa consapevolezza mi riporta sempre al centro di me stesso e mi aiuta a gestire le situazioni più complesse della mia vita con più armonia e meno stress.
Oltre agli aspetti più prettamente fisici, insegnare yoga richiede consapevolezza, presenza, concentrazione e sensibilità. Possiamo considerare l’insegnamento una pratica yoga di per sé?
Più che di insegnamento mi piace parlare di condivisione. L’insegnante deve essere il tramite tra l’allievo e la pratica, ovvero deve portare l’allievo ad usare lo strumento dello yoga proprio massimo livello. Ma tutto parte dal proprio vissuto personale, che l’insegnante condivide con gli allievi mostrando loro tutto ciò che succede all’interno e all’esterno. Per far questo l’insegnante continua ad entrare in sé e poi uscire andando verso gli allievi, infinite volte, sentire dentro e poi condividere all’esterno (verbalmente e non solo). Cercare di percepire ogni difficoltà che ciascun allievo dovesse incontrare, così come ogni possibilità non sfruttata, e andando ad aggiustare costantemente il tiro per raffinare il lavoro individuale affinché ognuno possa percepire sé stesso al massimo livello senza mai superare i propri limiti.
Per far questo occorre grande concentrazione e attenzione, continuando a vivere la pratica in modo molto intenso, ma non rimanendo chiusi dentro sè stessi.
Mi piace pensare all’insegnamento come una pratica nella pratica, una pratica all’ennesima potenza dove sei convolto totalmente nell’esperienza fisica e nella condivisione con gli allievi fino a formare un’unica energia, un’unica nota musicale prodotta da tanti strumenti diversi.
È esaltante!
Chi dovrebbe fare yoga?
C’è una bellissima frase che dice: “se puoi respirare puoi fare yoga”. Tutti possono praticare yoga, non esiste una categoria di persone più adatte alla pratica. Lo yoga ci riporta all’unione, alla stabilità, alla presenza. La pratica fisica dona forza, scioltezza e morbidezza delle giunture. Lo yoga dunque è per tutti. Naturalmente calibrando il tipo di pratica in base alle esigenze personali.
Infiniti sono i motivi che ti spingono a iniziare un percorso di pratica. La cosa interessante a mio avviso è che (nella maggior parte dei casi) si tratta di una pratica fisica, a volte molto intensa, che invece di stressare l’organismo lo rigenera, lo ricarica! In questo modo straordinario anche la mente si ricarica, i pensieri diventano meno oppressivi e ci si sente più stabili e leggeri.
Una lezione di yoga ideale quanto dovrebbe durare e perchè?
Non esistono delle regole in questo senso. In genere una lezione completa non dura meno di 50 minuti. Ogni pratica infatti prevede un momento di raccoglimento, un riscaldamento, un lavoro più intenso fino ad arrivare ad un apice, e una parte più rilassante che prepara al rilassamento o alla meditazione finale.
Normalmente le lezioni durano da un’ora a un’ora e trenta, ma possono esserci classi ancora più lunghe dove vengono approfonditi temi più specifici con un percorso ad hoc che comprenda anche momenti di recupero fisico e connessione più intima.
Lo yoga aiuta anche a rassodare e tonificare il corpo? Quali altri sono i suoi benefici?
Sono diversi i motivi per cui lo yoga aiuta a ritrovare un proprio equilibrio fisico e dunque anche ad eliminare il peso in eccesso e a tonificare.
In particolare, alcune forme di yoga prevedono un coinvolgimento piuttosto intenso di tutta la muscolatura del corpo, che viene impegnata fino alle fibre più profonde aumentando la forza e la resistenza, e prevenendo l’insorgere di infortuni. Questo lavoro induce il corpo ad esplorare nuovi limiti, migliorando la funzionalità del cuore e stimolando l’organismo ad utilizzare risorse maggiori rispetto al consueto, bruciando grassi in eccesso. Inoltre la pratica di alcune posizioni specifiche comporta una notevole stimolazione della circolazione sanguigna e linfatica, producendo una drenaggio naturale e una eliminazione dei tessuti indesiderati in aree specifiche.
Sotto un profilo più ampio la pratica dello yoga porta naturalmente ad essere più presenti, centrati e in equilibrio. In questa condizione ci si sente più appagati ed in reale ascolto del corpo, per cui si è più propensi a mangiare quando realmente il corpo ha fame e a non cadere nella cosiddetta “fame nervosa”.
Ma questa è solo la testa dell’iceberg, i benefici più importanti avvengono al nostro interno. La pratica costante, infatti, ci rende più presenti a noi stessi, più radicati nell’istante presente e maggiormente in grado di gestire le nostre emozioni e riposare nella grazia.
La vita è come una flusso continuo di onde, che salgono e scendono, alternando momenti esaltanti e altri più bui. E’ la vita, è normale. Lo yoga però ci insegna una cosa strabiliante: noi non siamo l’onda, siamo un piccolo oggetto di legno che galleggia sull’onda, fa su e giù, sale e scende, ma l’onda non lo travolge. Non lo travolge più!
Conta avere già una propria flessibilità?
Apparentemente sembra un vantaggio, i primi tempi sono più semplici, sembra di non avere limiti e si riescono ad eseguire le pose come gli allievi più avanzati o come l’insegnante. Ma è un giro di boa. Quando avremo raggiunto le posizioni ci sembrerà di non avere più stimoli, e avremo bisogno sempre di qualcosa di più avanzato, qualcos’altro da conquistare, perché le solite posizioni non ci daranno particolari stimoli e si rischia di distrarsi.
A ben vedere i nostri limiti sono il miglior compagno di viaggio che si possa avere, ci fanno percepire fisicamente, ci indicano la strada, ci fanno sentire come usare il nostro corpo senza forzarsi. Insomma, ci mantengono dentro l’esperienza della pratica e ci consentono di goderne appieno.
No, direi che non conta particolarmente avere una propria flessibilità.
Dopo quanto tempo di pratica yoga si vedono i miglioramenti? È per tutti uguale?
Immagina di seminare un seme nella terra e innaffiarla. Lì sotto avviene qualcosa subito, ma non si vede. Solo più tardi si vedono spuntare le prime foglie e la nuova piantina inizia a crescere. A seconda del terreno, del tipo di pianta, di quanta acqua riceve, la pianta crescerà più o meno velocemente, ogni pianta è diversa dall’altra.
Lo stesso vale per noi. Alla fine della pratica, della prima pratica che fai, la tua lezione di prova, puoi comprendere se è una cosa che va bene per te, se ti risuona, anche se quel beneficio che senti è nascosto, sotterraneo, un embrione. In cuor tuo senti … sai.
E se quel sentire ti porta a continuare, semplicemente si cammina insieme, ma ognuno attingerà dalla pratica quello che gli occorre nei tempi che servono. Oggettivamente già dopo un mese di pratica si percepiscono i risultati: il corpo è più tonico, più flessibile, la respirazione è più ampia e la mente un pochino più stabile. Ma come per quella pianta è difficile dare dei tempi validi per tutti, anche perché ognuno parte da una situazione diversa e avrà dunque una risposta diversa. E ognuno riceve dalla pratica quello di cui ha bisogno in qual momento specifico.
Un giorno una cara allieva mi disse: “Yoss oggi a lezione hai detto una cosa per me illuminante”. Le ho risposto che quella cosa la dico ad ogni lezione, ma solo quel giorno lei l’aveva sentita!
Chi è l’allievo che pratica yoga? esiste un “tipo ideale”?
A mio avviso esiste un maestro ideale, un maestro ideale per quell’allievo. È l’allievo che sceglie il maestro e non viceversa. Ogni persona è diversa e ci si può avvicinare alla pratica per innumerevoli motivi, ad esempio per curare un mal di schiena, o per abbassare lo stress, o anche per sentirsi parte di un gruppo. Non importa, ogni motivo è legittimo, ma è importante che il maestro sappia bene in che direzione intende andare. È vero lo yoga fa bene alla schiena, abbassa lo stress e si pratica in un gruppo di persone piacevoli… ma c’è dell’altro, ed è il maestro che deve saperlo e prendersi la responsabilità di accogliere i praticanti più diversi per portarli tutti verso un percorso di ascolto e di crescita. Se quel percorso ti risuona, hai trovato il maestro che fa per te.
Lo yoga fa bene ai bambini? lo consiglieresti come disciplina scolastica?
Io direi che lo yoga fa bene anche agli adulti. I bambini sono degli yogi e yogini nati. Sono loro che insegnano a noi.
Lo yoga per bambini è straordinario, le lezioni si tengono in cerchio e sono basate sul gioco e sul divertimento. E’ un modo gioioso per sviluppare abilità importanti in un’atmosfera non-competitiva, che incoraggia i bambini a rilassarsi e divertirsi. Si prende consapevolezza del proprio corpo e del proprio respiro. Si sviluppano le attitudini dell’essere leader e del lasciarsi condurre, in un clima di fiducia e rispetto dove ogni bambino è libero di esprimere le proprie emozioni senza giudizio.
Si, credo che lo yoga per bambini possa costituire uno strumento davvero importante nell’ambito del processo di apprendimento scolastico per eliminare le fonti di stress e mantenere viva l’attenzione, la curiosità e la creatività.
Cosa insegna lo yoga, che arricchimento da’ alla propria vita?
Credo che lo yoga ci insegni la libertà di essere noi stessi. All’inizio è un lavoro che porta risultati a livello esclusivamente fisico: ci si sente più allungati, presenti e tonici. Il respiro diventa più ampio, e calmo.
Successivamente però anche l’atteggiamento cambia, i pensieri quotidiani diventano meno oppressivi e le situazioni della vita producono meno stress e ansia. Dopo la pratica si avverte un generale benessere, un senso di centratura, di presenza e lucidità. Nel tempo questo atteggiamento diventa sempre più stabile e duraturo arrivando a condizionare in positivo il modo in cui vediamo le cose della vita. Si è sempre meno soggetti a risposte istintive automatiche ma, al contrario, si inizia a percepire un retto distacco dalle cose che ci rende più sicuri di noi, più lucidi e liberi di essere noi stessi.
Come scegliere il tipo di yoga più adatto?
Non scegliere. Lascia che sia lo yoga a trovare te: se durante e dopo la lezione avverti sensazioni positive, ti senti meglio fisicamente e mentalmente, allora quella pratica e quell’insegnante fanno per te. Altrimenti, avrai fatto un’esperienza, e potrai provare ancora altro.
Lo yoga cambia molto con insegnanti diversi?
Decisamente si, lo yoga ha mille facce ed espressioni e ogni insegnante interpreta secondo la propria sensibilità gli insegnamenti che ha ricevuto. Un tempo bastava dire yoga, e avevi detto tutto. E’ vero, ogni insegnante usava metodi e tecniche diverse ma faceva parte del gioco, della scoperta.
Oggi ci sono tantissimi nomi, metodi, tipologie. Le diverse tecniche e metodi elaborate nel tempo dai vari maestri hanno ricevuto dei nomi, così oggi l’allievo può informarsi e farsi un’idea di ciò che quell’insegnante propone.
In realtà, al di là dei nomi, occorre semplicemente scegliere il tipo di pratica cui si sente più affine e l’insegnante o gli insegnanti più ispiranti. La cosa interessante è che nel tempo le esigenze cambiano, gli stessi insegnati cambiano, così la scoperta non ha mai fine!
Quanto conta la musica per te nello yoga?
Bella domanda! Ti piace vincere facile!
Lo yoga per me è un aiuto per sostenere e accompagnare la mente del praticante affinché sia maggiormente coinvolta. Mi piace l’idea che la musica divenga parte integrante dell’esperienza, insieme alle sensazioni fisiche, alle indicazioni tecniche e al vissuto interiore.
Adoro “danzare” le posizioni, scorrendo fluidamente con il corpo; “danzare” il respiro in un ritmo morbido e consapevole, e “danzare” le emozioni, cavalcandole senza lasciarsi travolgere. Ebbene … con la musica si danza meglio!
Perché è meglio fare yoga a stomaco vuoto?
La pratica fisica impegna il corpo e la mente. Entrambi hanno bisogno di sangue ossigenato per rispondere in modo adeguato alle sollecitazioni, muscolari, scheletriche e propriocettive.
Inoltre, in molte posizioni gli organi viscerali vengono massaggiati e compressi attraverso alcune posizioni specifiche che ne migliorano la funzionalità e il drenaggio.
Se pratichiamo durante la digestione creiamo una grande confusione nell’organismo. In questa fase, infatti, il sangue è concentrato verso la zona addominale e viscerale e dunque in minima parte verso i muscoli scheletrici. Ciò vuol dire che, se impegniamo il corpo con attivazioni muscolari intense, rischiamo di non avere adeguate risorse a disposizione, dunque sentiremo i muscoli più rigidi e affaticati e sentiremo le giunture doloranti.
Inoltre, la compressione viscerale non sarà più benefica perché rischierà di interrompere il naturale processo di digestione, postando rigidità e gonfiore addominale.
Praticare a stomaco vuoto inoltre porta ad una maggiore chiarezza mentale, che favorirà enormemente l’ascolto del corpo e la connessione più intima con sé stessi.
Qual è il momento migliore della giornata per praticare yoga?
In realtà ogni momento è buono, ognuno di noi ha una preferenza.
È piacevole al mattino per dare un imprinting positivo alla giornata. E’ altrettanto piacevole a metà giornata per interrompere le attività stressanti e riprenderle, dopo la pratica, con altra leggerezza fisica e mentale. È gratificante la sera, per terminare la giornata ritornando a noi stessi, all’equilibrio e all’armonia.
L’importante è praticare a stomaco vuoto e in uno spazio che ci consenta un minimo raccoglimento.
Rimaniamo in ascolto, ci accorgeremo da soli quando sarà il momento propizio per praticare.
Può fare yoga chi ha una patologia?
Dipende dalla patologia. Nella mia storia ho sempre pensato che è giusto offrire a chiunque la possibilità di praticare. Non mi piace l’idea che l’insegnante accolga chiunque ma neanche l’ipotesi opposta ovvero la possibilità che chi ha una patologia venga rifiutato. A mio avviso l’insegnante deve possedere quelle conoscenze di anatomia e fisiologia applicata alla pratica per poter gestire la classe pur in presenza di allievi con problematiche. In particolare, in presenza di una patologia l’insegnante deve adattare la pratica alle varie situazioni, evitando le tecniche potenzialmente pericolose e usando le tecniche a supporto e benefiche.
Il corso di formazione insegnanti che conduco si chiama Yoga e Medicina®, e cerca fornire ai futuri insegnanti, oltre alle conoscenze relative alle tecniche yoga, anche i principi di anatomia e fisiologia applicata alla pratica al fine di poter essere in grado di gestire i normali problemi fisici che i praticanti dovessero presentare.
Tuttavia responsabilità vuole che, laddove la patologia abbia una certa rilevanza, l’insegnante debba suggerire un percorso individuale o anche delle preventive analisi strumentali per conoscere meglio la situazione.
Si può praticare yoga da soli?
Certamente, nel tempo lo yoga diventa una componente sempre più importante della vita e si pratica naturalmente da soli, ma all’inizio non è facile. Serve esperienza, conoscenza e costanza.
All’inizio abbiamo bisogno di una guida, di un luogo dedicato e anche del gruppo. L’insegnante ti accompagna, ti sostiene, indica le tecniche e i tempi, suggerisce alternative per chi è in difficoltà.
Il centro di yoga è fondamentale perché quel posto è stato pensato per la pratica, deve essere accogliente ma anche neutro.
Quanto al gruppo mi preme osservare che le nostre classi non sono ne individuali ne collettive, le definirei “lezioni individuali in gruppo”, poiché ogni praticante è con se stesso, con il proprio vissuto interiore e in rapporto diretto solo con l’insegnante, senza fare riferimento agli altri praticanti. Eppure il gruppo c’è, e si sente: l’energia del gruppo accompagna, sostiene e alimenta splendidamente l’energia di ogni partecipante.
Oggi esistono molti strumenti per praticare da soli con le lezioni online. Ci sono ottimi insegnanti che fanno un buonissimo lavoro. Sicuramente mancano delle cose importanti come la possibilità di essere corretti o l’apporto silenzioso degli altri praticanti ma credo sia un’ottima risorsa per sopperire all’impossibilità di essere presente in un centro di yoga.
Qual è il tuo motto?
Capovolgi il tuo punto di vista. La vita, i miei maestri, i viaggi, la meditazione e lo yoga mi hanno portato a comprendere una cosa fondamentale: l’armonia, il profondo benessere e la gioia di vivere nascono da ciascun individuo. Il paradiso e l’inferno non sono mai all’esterno ma all’interno di noi. La pratica ci aiuta a riscoprire quel mondo meraviglioso all’interno.
Come è nata Yoga Suite?
E’ una bellissima storia. Dopo 21 anni trascorsi nella mia scuola di origine, dove ho iniziato come allievo, poi assistente, poi insegnante e infine socio, ho deciso di intraprendere la mia strada e ripartire da zero. Inaspettatamente ho ricevuto tantissimo affetto e sostegno per raggiungere il mio sogno. La mia famiglia in primis ma anche molti amici e alcuni allievi a me cari mi hanno dato tanto, tantissimo.
Tutti però mi consigliavano di fare lezione nelle palestre per crearmi un “giro di persone”, io invece ho sentito di andare per la mia strada (anche in modo incosciente a vederla con gli occhi di oggi) e ho voluto aprire un centro di yoga, Yoga Suite, la Suite, la parte più bella di una cosa, di un brano musicale ad esempio o di un’opera … Yoga Suite è il luogo dove coltiviamo e alimentiamo la parte più bella e più vera di ognuno di noi.
Così è nato il primo studio, piccolo ma incantevole, e incredibilmente gli allievi sono arrivati, bellissimi, meravigliosi, e l’energia di quello studio è cresciuta in modo straordinario.
A tal punto che, ad un certo punto, non si entrava più, e abbiamo dovuto trovare un altro spazio. Ma dopo il primo centro, immerso nel verde e nel silenzio, non era facile trovare qualcosa all’altezza. Anche qui tutti mi consigliavano di affrettarmi a prendere semplicemente un appartamento grande altrimenti “saremmo rimasti senza studio”, ma io continuavo a cercare, a cercale la Suite … ed è arrivata, la nostra attuale casa, all’ultimo piano e con una vista meravigliosa. Dopo due anni poi è nato un altro studio meraviglioso al lato opposto della città.
Yoga Suite però non sono gli studi ma è lo spirito che li anima, gli insegnanti, gli allievi, la condivisione reciproca, la crescita, lo scambio, le emozioni … il vissuto che nasce da ognuno di noi!
Cosa speri per il futuro dello yoga?
La stessa cosa che spero per il futuro del mondo, ovvero che ci si accorga maggiormente dei reali valori, che aumenti la consapevolezza. Quando pratichiamo per raggiungere una posa, solo per gratificarci perché l’abbiamo conquistata, perdiamo di vista il vero senso della pratica, ovvero la possibilità di un ascolto profondo. Mi piace il lavoro fisico, mi piace impegnarmi al massimo e la pratica che propongo è spesso faticosa, ma quella fatica non deve mai diventare fastidio, dolore o frustrazione. Ho scoperto negli anni che i maggiori risultati, anche dal punto di vista fisico, sono arrivati quando ho mantenuto la consapevolezza dei miei limiti e delle mie possibilità senza andare oltre. E’ stato proprio allora che le mie possibilità sono aumentate notevolmente. Fino ad allora era un passo avanti e uno indietro … ma è servito anche questo!
Se pratichiamo con l’unico scopo di “fare posizioni” rischiamo di divenirne dipendenti, ossessionati. Alla fine la pratica rischia di diventare stressante, competitiva … analogie con il resto della vita?
Spero che all’enorme diffusione che lo yoga sta avendo nel mondo, anche attraverso gli attuali strumenti del web, si accompagni il rispetto e la conservazione del significato originario dello yoga e che questa meravigliosa disciplina non si trasformi in una semplice ginnastica, sebbene eseguita con un rosario al collo e un om alla fine della lezione.
Descrivi lo yoga per te in tre parole:
Ascolto, consapevolezza, evoluzione (oppure CAPOVOLGI il tuo PUNTO di VISTA)
Grazie Yoss dalle tue parole si capisce che per te lo yoga è vita. Allora non ci resta che praticare…